(Nella foto il divulgatore scientifico Piero Angela
durante l'intervista -
Photo: Emmanuele Macaluso/COSMOBSERVER)
PERSONAGGI E PERSONALITA’:
PIERO ANGELA
(Tempo di lettura: 5
minuti)
26 maggio 2018
Piero Angela è il più
rappresentativo divulgatore scientifico italiano.
Giornalista per la RAI - Radio Televisione Italiana,
ha strutturato la divulgazione scientifica italiana
attraverso programmi di approfondimento che ha
curato sia come conduttore che come autore, insieme
al suo staff. Programmi come Quark, Superquark sono
entrati a far parte dell'immaginario collettivo. E'
autore di saggi, pubblicazioni e collane di
divulgazione. E' tra i fondatori del CICAP.
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Il 22 maggio 2018 è
l’ennesimo giorno di pioggia a Torino. Alle 18 e 30
il cielo è grigio e gli eleganti palazzi storici del
centro si possono osservare senza alzare la testa.
Attraverso il riflesso nelle pozzanghere.
In Via Carlo Alberto,
centralissima via della città, pochi i passanti
scandiscono il tempo con il rumore dei tacchi
sull’asfalto bagnato.
L’hotel dove si svolgerà
l’intervista rappresenta perfettamente il
“carattere” sabaudo. L’esterno è quello di un
palazzo storico e sobrio, la hall è invece un
ambiente accogliente di grande eleganza e
raffinatezza. Alcuni turisti distratti leggono dei
quotidiani stranieri, che a quest’ora mostrano i
segni delle molte mani che li hanno toccati.
Quasi contemporaneamente
arriva il divulgatore scientifico Piero Bianucci,
la persona grazie alla quale questa intervista può
avvenire, impreziosita dalla sua presenza.
Dopo qualche minuto di
attesa, in un luogo appartato della hall si palesa
la figura distinta e slanciata di Piero Angela.
Con la cordialità e il garbo che il pubblico ha
imparato a conoscere attraverso i molti anni di
divulgazione televisiva, si avvicina e saluta i
suoi interlocutori guardandoli negli occhi.
Angela si accomoda e
l’intervista comincia quasi subito.
D. Dottor Angela, lei
è stato testimone di uno dei grandi eventi storici
dello spazio: la partenza della missione Apollo 11
verso la Luna. Ci racconta la sua esperienza?
R. Il 16 luglio mi
trovavo con una troupe a “Capo Kennedy”. La
postazione dei giornalisti era posta a circa 5
chilometri da dove si trovava il razzo. Questo per
garantire la sicurezza del pubblico. Nonostante la
distanza, il razzo era perfettamente visibile, anche
perché era veramente enorme. Io venni mandato dalla
RAI e avevo con me tre operatori. Notai che
tutte le telecamere erano puntate verso il “Saturno
5”, e quindi chiesi agli operatori di inquadrare il
pubblico. Il pubblico era formato dai parenti degli
astronauti, tecnici, familiari e curiosi.
Prima del lancio la
Nasa iniziò a dare informazioni relative ai tre
astronauti. Tra queste anche le pulsazioni
cardiache. Questo fatto contribuì a creare un legame
forte con le persone che stavano osservando la
procedura di lancio da terra. Quando le torri
ausiliarie si sganciarono e liberarono il razzo,
questo cominciò a sollevarsi molto lentamente.
Le dimensioni erano
impressionanti e il pubblico viveva questo momento
con apprensione, passione e con un entusiasmo che
lasciò spazio a vere e proprie urla di incitamento.
Alcuni, letteralmente, piangevano.
Tutto questo avvenne tra
le fiamme, un mare di fuoco, l’intenso fumo e il
lacerante rumore emesso dal razzo. Ogni volta che
ricordo e parlo di questo evento, per far
comprendere quale fosse il rumore del Saturno 5,
dico che è un rumore simile a quello di un lenzuolo
che viene strappato, ma è così forte e intenso che
lo senti nello stomaco. È come se lo sentissi con la
pancia.
Tornando al pubblico,
per comprendere l’entusiasmo e le emozioni che
riuscimmo a documentare, dobbiamo prendere in
considerazione il momento storico nel quale tutto
questo avveniva. La corsa alla Luna era diventata
una specie di gara politica e sportiva. Quindi gli
Americani, nonostante i grandi rischi di quelle
imprese, appoggiavano, e in alcuni casi pregavano,
affinché il nostro satellite venisse raggiunto dagli
astronauti della NASA. La divisione tra USA e URSS
era molto presente nella cultura americana e in
tutto il mondo in quegli anni.
Io oltre alla partenza
dell’Apollo 11 ho assistito anche alla partenza di
Apollo 7,8,9,10 e 12.
_______
"Tutto questo avvenne
tra le fiamme, un mare di fuoco,
l’intenso fumo e il
lacerante rumore emesso dal razzo”
___________
D. Dove si trovava e
come ha vissuto invece la fase di allunaggio.
R. Io non venni
coinvolto nella lunga diretta che la RAI fece per
seguire quel momento. Venni invece mandato a New
York per un servizio di approfondimento per TV7.
Volevamo filmare la reazione dei newyorkesi a
Central Park. Con me c’era anche un collega
giornalista toscano che scriveva per La Nazione.
Bisogna tenere conto che
New York aveva un decalage di 6 ore rispetto
a “Capo Kennedy”. Dopo qualche intervista e alcune
riprese, colti da una forte stanchezza, decidemmo di
andare in albergo. Ricordo che il mio collega si
addormentò, e io guardai l’allunaggio e le immagini
dalla Luna come fecero milioni di persone in tutto
il mondo: attraverso la televisione.
D. In un mondo della
comunicazione che tende ad utilizzare termini
anglofoni anche dove non è necessario, lei
italianizza molti nomi. È una scelta per
semplificare la comprensione del pubblico?
R. In realtà non me ne
rendo neanche conto. Lo faccio perché mi viene
comodo farlo. Effettivamente anche adesso non ho
detto “Cape Kennedy”, ma “Capo Kennedy”. Non ci
avevo mai pensato.
D. Nel corso della
sua lunga carriera di divulgatore scientifico, ha
sempre dato molto spazio all’astronomia. Ci spiega
perché?
R. Questa è una domanda
alla quale potrebbe rispondere il qui presente Piero
(Bianucci ndr.).
Quando si fanno queste
scelte si tiene conto di molti fattori. Intanto
quello dell’astronomia, e noi abbiamo dei
dati a riguardo, ha sempre attratto l’interesse di
una buona parte del pubblico. Il cielo e le stelle
hanno sempre avuto un grande fascino sull’uomo. Gli
astronomi non è che vedano molto, ma ci raccontano
molte cose. A cominciare dai pianeti, la Luna con il
suo paesaggio e i suoi crateri.
Io ricordo la prima
volta che, con un cannocchiale, guardai il nostro
satellite, rimasi davvero colpito dalle montagne, i
crateri e tutto quel paesaggio che non si vede a
occhio nudo.
Il fascino del cosmo è
dato anche dal suo “buio”, dalla grandezza delle
distanze, le galassie, le supernove e tutti quei
misteri che ci affascinano, forse perché in fondo
tutti quanti noi veniamo “da lì”.
È una storia iniziata
miliardi di anni fa e della quale sappiamo poco pur
facendone parte.
____________
"Devi essere disposto
a farti correggere i compiti”
___________
D. Quale sarebbe il
consiglio che darebbe ad una persona che inizia oggi
a fare il divulgatore scientifico?
R. Di farlo bene. Oggi
ci sono molte persone che fanno divulgazione
scientifica, purtroppo gli spazi sono pochi, lo
vediamo anche in televisione. Sui giornali se ne fa
ancora meno. Forse sui blog e sui siti web si ha
l’occasione di farne di più.
In tutti i casi, se si
sceglie di fare questo mestiere, o si sceglie una
specializzazione, come avviene nello sport o in
altri lavori, oppure se come me si vuole lavorare in
un ambito più ampio, bisogna leggere molto,
viaggiare, avere buone fonti, stare attento a non
sbagliare e avere persone di qualità con cui
lavorare.
Devi essere disposto a
“farti correggere i compiti”.
Quando ho dubbi o
incertezze, chiamo degli esperti o affido i miei
testi a dei consulenti. La maggior parte delle volte
vanno bene. Bisogna stare attenti, anche perché se
sbagli, sembra che siano tutti lì, pronti a fartelo
notare. Bisogna essere molto accurati.
D. Abbiamo parlato
precedentemente dell’Apollo 11. Quella missione
spaziale è al centro di una teoria del complotto.
Secondo lei, cosa alimenta questo tipo di pensiero?
R. Quello del
complottismo è un fenomeno molto presente anche in
Italia. Ci sono quelli dell’Apollo, i terrapiattisti
e molti altri. So che sono nate anche delle
associazioni ed io all’inizio pensavo che fossero
solo dei bontemponi.
In realtà, lo vediamo
spesso accadere in Italia, dietro grandi fatti di
cronaca, ci sono alcuni giornali che alimentano
questo tipo di approccio. Lasciando intendere che ci
siano dei motivi per non dire la verità, che la
realtà possa essere un’altra. Lo abbiamo visto con
il terrorismo, le Brigate Rosse, Piazza Fontana, gli
ufo, le scie chimiche, le torri gemelle e in molti
altri casi.
Sulla questione della
Luna, l’uomo ci è andato 6 volte (Apollo
11,12,14,15,16,17 ndr), non può essere stato
un complotto. Erano coinvolte migliaia di persone.
Alberto (il figlio
ndr) mi ha riferito di aver incontrato Buzz
Aldrin, il secondo uomo a mettere piede sulla
Luna. In quell’occasione gli chiese come si
poneva di fronte alla questione del complottismo
legato alla sua missione. Aldrin raccontò di una
volta in cui un complottista andò da lui per dire
che quella missione non raggiunse il suo obiettivo.
Lo sa come ha risposto Aldrin? Con un pugno!
Il mondo è bello perché
è vario.
D. Un’ultima domanda:
mi da una sua definizione di divulgazione
scientifica?
R. Ne dico due. La prima
è “tradurre dall’italiano in italiano”.
La seconda è “dalla
parte degli scienziati per i contenuti e da quella
del pubblico per il linguaggio”.
L’intervista si conclude
con un sorriso sul volto delle persone presenti in
quel piccolo pezzo nascosto di una hall che comincia
a prendere vita in vista delle uscite serali verso i
ristoranti del centro. Piero Angela regala ancora
qualche minuto del suo tempo per una breve
conversazione privata e per le foto di rito.
Nel frattempo, il cielo
di Torino diventa scuro per l’arrivo della notte,
quasi a sottolineare il termine di una giornata
importante, e la pioggia non ha ritenuto opportuno
ripresentarsi all’uscita di quell’albergo.
Emmanuele Macaluso
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