|
 |
(Nella foto la D.ssa Liliana
Ravagnolo, nel centro Altec di Torino davanti ad un
modello in
scala 1:10 della Stazione Spaziale
Internazionale – Photo: Emmanuele Macaluso/COSMOBSERVER)
PERSONAGGI E PERSONALITA’: LILIANA
RAVAGNOLO
Venerdì, 9 febbraio 2018
Liliana Ravagnolo,
laureata in Psicologia del Lavoro all’Università di
Padova, è attualmente Project Manager nell’ambito
dei progetti di ISS Commercialization della
Direzione Progetti Avanzati presso ALTEC S.P.A. di
Torino. È stata fra i primi italiani a conseguire la
certificazione da parte della NASA per
l’addestramento degli astronauti.
-
È un soleggiato pomeriggio di metà
gennaio quando mi reco in
Altec
per incontrare
Liliana Ravagnolo.
Non sarebbe stato il nostro primo incontro, avevo
infatti avuto la possibilità di essere “guidato”
dalla D.ssa Ravagnolo in una visita qualche mese
prima, durante un open day, nel quale ho
avuto modo di visitare questa azienda che
contribuisce a fare di Torino la “Houston
d’Italia”.
Vengo accolto in una sala riunioni e
passo qualche minuto a conoscere e scambiare qualche
parola con l’intervistata e la D.ssa
Daniela Souberan
(Responsabile della Comunicazione di ALTEC). Un
incontro gradito che dà il via ad una lunga e
piacevole intervista.
D.
D.ssa Ravagnolo, come è iniziato il suo rapporto con
lo spazio e come è entrata a far parte di questa
azienda?
R. Ho sempre avuto la passione per lo
spazio, fin dal tempo del liceo leggevo libri di
fantascienza, tra i quali quelli di Asimov e di
altri autori molto in voga in quegli anni. Non avrei
mai pensato di lavorare in un contesto come questo.
La mia formazione è umanistica, sono laureata in
psicologia e sono specializzata in psicologia del
lavoro e selezione del personale.
Il mio primo incarico infatti era in
Praxi S.p.A., dove in qualità di consulente mi
occupavo di selezione del personale. Come spesso
capita, quando si assume un ruolo operativo, ti
rendi conto che la formazione scolastica non sempre
è sufficiente. Ero una consulente e credo che un
professionista debba ricoprire quel ruolo in una
fase di carriera avanzata, dopo aver acquisito
esperienza, non all’inizio. Dopo circa un anno, nel
1987, ho trovato un’inserzione per un addetto alla
selezione del personale presso l’Aeritalia
Gruppo Sistemi Spaziali,
mi sono candidata e sono stata assunta. Ho lavorato
in ufficio personale per circa una decina di anni.
Per un caso che definirei “fortuito”
sono poi passata all’area tecnica. Richiesi per
motivi personali il part-time, ma non c’era
possibilità in quel momento di poterlo avere
rimanendo nell’ufficio personale e mi proposero
quindi di passare ad occuparmi del training
degli
astronauti
e degli operatori di terra. Accettai.
Il mio primo incarico fu quello di
addestrare gli operatori della
NASA
nell’ambito del progetto denominato “MPLM”
(Multi-Purpose Logistic Module ndr). Si
trattava di un cargo fornito dall’ASI
(Agenzia
Spaziale Italiana)
alla NASA con un “barter agreement” che
avrebbe dato l’opportunità all’Italia di far volare
astronauti a bordo della ISS e di avere percentuali
di utilizzo della stazione. L’ultimo volo di
Paolo Nespoli
è de facto un’eredità di quell’accordo.
In quel periodo ho dato il mio
contributo nella formazione degli operatori del
Kennedy Space Center,
soprattutto nella comprensione del design di MPLM e
nella gestione e risoluzione dei potenziali
problemi. Era un progetto complesso e che riguardava
varie aree. Insieme ad altri colleghi con
esperienza, avevamo preparato un addestramento che
oltre a spiegare il funzionamento degli
equipaggiamenti nelle varie aree, prendeva in
considerazione i potenziali problemi e le soluzioni
da adottare. Ironia della sorte, per poter partire
per gli USA e dare il mio contributo a questo
progetto, dovetti rinunciare al part-time,
che era stato il motivo del mio passaggio all’area
tecnica.
D.
Quali furono gli incarichi successivi?
R. L’anno successivo, nel 1999, mi
occupai dello sviluppo del training per gli
operatori della sala di controllo di
Houston.
Era un incarico diverso rispetto al precedente
perché era più legato ad aspetti procedurali e non
solo di “hardware”, e si occupava anche degli
aspetti operativi della missione.
Contemporaneamente partecipai,
insieme ad un mio collega, al primo corso per
istruttori della NASA aperto anche a degli europei.
Era infatti la prima volta che anche operatori
europei potevano partecipare al corso per diventare
istruttori per
astronauti.
In quel corso, di tre settimane, parteciparono 6 o 7
europei, tra cui 2 italiani.
Diventammo responsabili, per conto
dell’ASI, di rappresentare l’agenzia spaziale per il
training della
ISS.
Fu un periodo molto formativo e stimolante, perché
incontravamo gli altri partners e ci interfacciavamo
con gli astronauti americani, russi e giapponesi.
Intorno agli anni 2000 abbiamo
cominciato a lavorare con l’ESA
per il training di “Columbus”.
Nel 2001 invece iniziai a collaborare
al training per l’ATV
(Automated
Transfer Vehicle
ndr).
Era un progetto cargo che veniva lanciato con un
vettore “Ariane”,
attraccava in modo automatico al modulo di servizio
russo, dove rimaneva per circa 6 mesi e alla fine
della sua missione, faceva un rientro automatico e
si distruggeva entrando nell’atmosfera. La
particolarità stava nella sua capacità di svolgere
queste operazioni in modo automatico, al contrario
di quanto avviene oggi con altri moduli cargo tipo “Cygnus”
o
“HTV”.
In questo progetto, il mio compito era quello di
fare training per tutte le attività che gli
astronauti svolgevano a bordo di ATV dal suo
attracco al momento in cui si staccava dalla
stazione spaziale internazionale.
ATV aveva un’altra particolarità,
infatti oltre a portare a bordo materiali di
utilizzo come vestiti, cibo ed equipaggiamenti,
trasportava anche acqua (preparata dalla
SMAT1
di Torino), aria e propellente per il rifornimento e
il rialzamento dell’orbita della ISS. Il training
prevedeva anche le attività di manutenzione e
attività di emergenza come fuoco a bordo,
depressurizzazione e contaminazione.
Dal 2001 al 2015 quindi, ho fatto la
spola tra Torino e l’European
Space Center,
dove ho formato tutti gli equipaggi che hanno
opearato con ATV, interfacciandomi con l’ATV
Control Center
di Tolosa.
D.
Ci
racconta un aneddoto curioso di questa esperienza?
R. Una cosa interessante erano gli “on
board training” legati alle emergenze. Gli
astronauti vengono addestrati a terra per reagire a
situazioni di pericolo, come ad esempio il “fuoco a
bordo”. Tuttavia le simulazioni devono essere svolte
anche durante la missione per mantenere la
preparazione degli astronauti al top. Parte del mio
lavoro consisteva nello strutturare delle emergenze
da far gestire in orbita dagli astronauti, per poter
valutare le loro risposte in accordo alle procedure.
Queste attività le seguivo soprattutto dal Mission
Control Center di
Mosca.
D.
Quale è stato il suo incarico successivo al progetto
ATV?
R. Dal luglio 2015 Altec ha avuto un
contratto dall’ESA per la gestione di tre servizi
molto importanti: il training, la logistica e le
operazioni di bordo. Nel mondo aerospaziale si usano
molto gli acronimi, e infatti il contratto è stato
denomnato “TLO”.
Fino a fine 2017 ho supportato il Programme Manager
nei rapporti con i sottocontrattori per i training e
le operazioni di bordo. Mentre della sezione
logistica si è interessato un altro team di Altec
specializzato in questi aspetti.
D.
Adesso di cosa si occupa?
R. Dal luglio del 2016 è cambiata
l’organizzazione aziendale di Altec e sono state
create due divisioni: la prima è la “Direzione
Operativa” che prende in carico i progetti
attualmente in corso, la seconda è “la Direzione
Progetti Avanzati” che si occupa della creazione e
gestione di nuove opportunità con partners
industriali.
Il mio compito è quello di attrarre
gli investimenti di aziende private per permettere
loro di fare esperimenti a bordo della stazione
spaziale internazionale. Non è un compito molto
semplice, perché ci sono dei vincoli a bordo per cui
per esempio non si possono pubblicizzare prodotti o
marchi, e in più mandare in orbita attrezzature o
esperimenti è costoso, tuttavia ci sono da prendere
in considerazione i ritorni scientifici e di know
how che sono davvero notevoli.
D.
Quanto costa mandare in orbita qualcosa?
R. Siamo nell’ordine di circa 50.000
euro al kg. E’ un investimento importante,
soprattutto se si prende in considerazione tutto
quello che c’è prima del lancio, come il design e la
progettazione. Però lo spazio è un ambiente di
sviluppo con caratteristiche uniche.
D.
Qual
è la sua giornata tipo?
R. Seguo i progetti in corso,
gestisco le relazioni con i potenziali partner e con
quelli attivi e faccio molte riunioni di avanzamento
e coordinamento sui progetti.
D.
Noi
ci siamo incontrati nel corso di un open day Altec.
Quanto è importante per un’azienda aerospaziale
aprirsi nei confronti del pubblico?
R. E’ importantissimo. Mi piace
sottolineare che quella attività era organizzata dal
CRAL di Altec e gestito da volontari. Nonostante il
limite imposto dai motivi di sicurezza aziendali ha
avuto un buon successo di pubblico e cercheremo di
ripeterlo. Ma oltre questo ci sono molti altri
progetti di sensibilizzazione che sono rivolti ai
più giovani. Organizziamo degli eventi con attività
nelle scuole e sviluppiamo progetti didattici. Uno
di questi ad esempio si chiama “Spazio allo Spazio”
e si svolge in una scuola di Villasanta, vicino
Monza, e rientra anche nei progetti di divulgazione
sociale rivolti alle persone con handicap. Infatti
quando gli astronauti sono in orbita, a causa delle
diverse condizioni in cui operano, sono costretti a
modificare il loro comportamento e le loro abitudini
e a fare moltissimo sport per ovviare ai problemi
indotti dalla microgravità (tipo osteoporosi e
degrado dei muscoli). Questo li rende più vicini a
coloro che hanno limitazioni di movimento o in altri
ambiti. È interessante vedere come queste
similitudini vengano acquisite positivamente dai
ragazzi.
Tutte queste attività sono
importanti, perché sono orientate a divulgare quello
che facciamo in ambito spaziale e le relative
ricadute nella vita quotidiana. Così come è
importante comunicare con i giovani, per spiegare
loro che con l’impegno e lo studio si potrà ambire,
in un prossimo futuro, ad importanti opportunità
nella space economy.
D.
Qual
è stato il momento più esaltante e quello più
difficile della sua carriera?
R. Il momento più esaltante è stato
quando per la prima volta ho potuto parlare con gli
astronauti a bordo della
Stazione Spaziale Internazionale
dalla console del “Glavny” (l’operatore dedicato ai
rapporti con gli astronauti) presso il Centro di
Controllo di Mosca. Si trattava di un’attività di “on
board training” fatta in occasione dell’attracco
di ATV in orbita ed io dovevo essere pronta a
rispondere ad eventuali richieste di chiarimento da
parte dell’equipaggio.
Un’emozione indescrivibile, sapere
che tutte le persone sui voice loop (i canali di
comunicazione) della Stazione potevano sentire la
mia voce, la paura di sbagliare, la soddisfazione di
ricevere un saluto “da amici” da parte degli
astronauti… un momento magnifico che si è poi
ripetuto per tutte le altre missioni di ATV.
Il momento peggiore è stato quello in
cui ho smesso di occuparmi dell’addestramento degli
astronauti. Finito il progetto ATV, le altre
posizioni erano saturate da altri istruttori e
quindi ho dovuto cambiare attività e
“riconfigurarmi”. Mi e’ mancato moltissimo
l’ambiente dell’EAC
(European
Astronaut Center)
e la frequentazione quotidiana con gli astronauti.
Il mio attuale lavoro mi piace ma richiede un
coinvolgimento diverso rispetto a quello
dell’istruttore, più manageriale ma meno operativo,
“sul pezzo”.
D.
C’è
qualcosa che vorrebbe dire per concludere questa
intervista?
R. Vorrei porre l’attenzione sulla
comunicazione e l’importanza di far sapere “all’uomo
della strada” quali siano le ricadute positive che
hanno le attività spaziali nella vita di tutti i
giorni.
Molte delle cose che usiamo
quotidianamente vengono dallo spazio e dalla ricerca
aerospaziale.
È necessario comprendere che lo spazio è una grande
opportunità.
L’intervista si conclude con la foto
di rito dell’intervistato e con una chiaccherata
legata al all’allunaggio del 1969 di
Apollo 11.
Mentre saluto La D.ssa Ravagnolo, mi incammino verso
l’uscita di Altec e penso alle tante informazioni
che ho appreso nel corso dell’intervista e allo
spessore della persona che ho incontrato. Chi lavora
a contatto con il cielo e lo spazio ne è sempre
appassionato, ma in questo caso la passione è più
palpabile di altre volte, ed è facile comprenderlo
vista la funzione ricoperta dalla persona che ho
appena lasciato e le sue nuove sfide all’interno di
un’azienda di eccellenza globale.
Emmanuele Macaluso
NOTE
(1) Leggi l’articolo dedicato al
Centro Ricerche Smat di Torino a questo link
|
|
|
|
MEDIA PARTNER

TECHNICAL PARTNER


WEBSITE PARTNER
|