(Franco Malerba durante l’intervista – Credit photo Emmanuele Macaluso)

 

PERSONAGGI E PERSONALITA’: INTERVISTA A FRANCO MALERBA

 

Venerdì, 7 luglio 2017

 

 

Franco Egidio Malerba, nato a Busalla (Ge), classe 1946, due lauree (ingegneria e fisica), è il primo astronauta italiano della storia. È stato specialista di carico a bordo dello Space Shuttle Atlantis nella Missione STS-46 del 1992. Eurodeputato nella quarta legislatura del Parlamento Europeo nelle file del PPE, è stato insignito dell’onoreficenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nel 1992 gli viene conferita la Medaglia Colombiana della Città di Genova. L’asteroide 9897 porta il suo cognome in suo onore.

 

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Intervistare un astronauta vuol dire trovarsi di fronte ad un’eccellenza assoluta. Non importa la missione o il mezzo attraverso il quale si va nello spazio. Durante il viaggio che ci ha portati a Busalla, in provincia di Genova, è un pensiero fisso quello che ci fa pensare al fatto che a breve saremmo stati al cospetto del primo astronauta ad aver portato il vessillo italiano nello spazio. Quello che ha abbattuto la barriera del “mai fatto prima”.

Franco Malerba ci accoglie in casa sua con generosità e affabilità e ci dedica tre ore e mezza del suo prezioso tempo. Saltano un po’ i paradigmi, perché il classico schema “domanda-risposta” lascia spazio ad un racconto spontaneo e biografico di Malerba. All’interno del resoconto di quell’incontro, per motivi di spazio e di discrezione, faremo una sintesi.

 

La passione di Franco Malerba per l’ingegneria prende forma fin dalla tenera età. Dotato fin da piccolo di una buona manualità, il suo giocattolo preferito era il “Meccano”. Arrivato al liceo entra in contatto con la fisica, tuttavia dopo il diploma decide di laurearsi in ingegneria a Genova nei 5 anni canonici. Dopo la laurea in ingegneria si dedica a quella in fisica, che consegue con la volontà di fare il ricercatore.

 

Dopo la seconda laurea entra in qualità di ufficiale di complemento nella Marina Militare Italiana e viene imbarcato sulla nave San Giorgio in qualità di Professore di meccanica razionale e fisica. Entra a far parte del CNR e tra il 1972/73 va per la prima volta negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio in fisica e partecipa ad un importante esperimento. Seppur con qualche perplessità, nel 1975 lascia il CNR ed entra in un’azienda informatica privata in qualità di project manager. E proprio mentre lavora nell’informatica arriva la sua (inaspettata) opportunità per entrare nel mondo dell’astronautica. Un articolo di giornale, portato all’attenzione di Malerba da un amico, ricerca dei candidati astronauti per conto del governo inglese in vista del progetto SPACELAB. Franco Malerba decide di provarci e invia la sua candidatura. Gli inglesi lo “rimandano” ai loro pari italiani che allora facevano parte del Ministero per il coordinamento dei progetti scientifici. Ai tempi non esisteva ancora l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana).

 

Malerba entra in contatto con il Ministero e inizia l’iter per la valutazione dei candidati italiani da inviare successivamente all’ESA. Al termine delle prove (1° visita medica e attitudinale – 2° prova scientifica) vengono selezionati in 5.

Inizia quindi la selezione presso l’ente spaziale europeo con ben 4 scogli da superare. Il primo a Parigi, una complessa prova di natura tecnico-scientifica. La seconda era volta a comprendere le esperienze di ricerca e professionali. La terza era un’impegnativa prova scientifica. Infine la quarta, una dura selezione fisica e attitudinale, con tanto di “centrifuga”. Al termine del lungo iter di selezione dell’ESA furono in 4 gli astronauti selezionati: un italiano (Franco Malerba), un tedesco, uno svizzero e un olandese.

I 4 aspiranti astronauti vennero inviati alla NASA per l’inizio dell’addestramento.

A questo punto, agli albori dell’attività aerospaziale europea, per motivi formali e tecnici vengono fatte scelte che portano Malerba a non rientrare nei piani ESA/NASA in tempi brevi. Nel frattempo, in attesa di chiarimenti circa la sua situazione, l’italiano collabora per sviluppare un sistema che successivamente avrebbe volato su SPACELAB e che avrebbe operato nell’ambito della fisica ionosferica.

Maleba inizia ad occuparsi di telecomunicazioni e si trasferisce a Roma, rimanendo in contatto con il “Piano Spaziale Nazionale”, ovvero la futura ASI.

Per poter andare nello spazio, Malerba accetta di iniziare da capo tutti gli iter di selezione. Selezione che risupera brillantemente. Fin qui il racconto “a ruota libera” di Franco Malerba. Un racconto che ha sintetizzato ben 15 anni della sua vita.

 

Quando e come ha saputo di avere in tasca il biglietto per poter avere un seggiolino a bordo di una missione spaziale?

Nel 1991, ero andato a Roma per un incontro in quella che allora era la nostra agenzia spaziale. Era una sorta di intervista investigativa che veniva fatta individualmente. 2 giorni dopo, mentre ero in albergo, venni raggiunto da una telefonata del direttore Carlo Buongiorno che mi informava della mia selezione per la missione. La stampa aveva già rilanciato la notizia e Buongiorno – un po’ irritato – pensava che fossi stato io a parlare con i giornalisti. Ma io lo seppi in quel momento da lui e in quello strano modo.

 

Qual è stato il momento della sua esperienza che focalizza meglio la sua epopea?

Quando ho scritto il mio libro (“La Vetta” - ndr), è stato quello il momento in cui ho dovuto mettere insieme le mie memorie. Scrivere il libro mi ha aiutato a rivivere e focalizzare la mia esperienza nello spazio a distanza di tempo.

 

Quali sono invece i momenti nello spazio che ricorda con maggior piacere o facilità?

Ce ne sono diversi. La conversazione con il Presidente del Consiglio dell’epoca Giuliano Amato ad esempio, fu per me importante anche dal punto di vista comunicativo.

La mia missione ebbe anche qualche problema con l’esperimento del “satellite a guinzaglio”. In quel frangente abbiamo sconfinato e infranto le regole di volo che ci volevano attivi per 16 ore al giorno. Dover ovviare a quell’anomalia ci fece lavorare a lungo fino alla messa sotto controllo del satellite. Fu un momento intenso.

Poi c’è un episodio che ricordo spesso e riguarda un floppy disk. All’epoca sullo shuttle avevamo dei computer e usavamo dei floppy disk per salvare i risultati degli esperimenti e i dati. Ne avevo circa una dozzina e al termine dell’utilizzo li inserivo in un astuccio con delle tasche appeso alla parete dell’Atlantis. Al termine dell’utilizzo di un floppy, forse non lo misi correttamente nell’astuccio e successivamente mi accorsi che non era al suo posto. Ovviamente nello spazio, in microgravità le cose “volano” e bastano piccole correnti per influenzarne le traiettorie. Con un po’ di imbarazzo andai dal comandante per informarlo dello smarrimento del floppy disk. Il comandante mi consigliò di andare a vedere nella griglia di aspirazione del gabinetto. Il dischetto era lì.

 

Ricorda cosa faceva la notte dell’Apollo 11 nel luglio 1969? Quanto ha influito sul suo futuro quella notte?

Ero a casa con la mia famiglia a Genova, seguimmo l’impresa alla TV come molti altri quella notte. Rimasi colpito dalla telecronaca di Tito Stagno e dal siparietto legato al momento dell’allunaggio in cui c’era disaccordo tra lo studio e l’inviato. In quel momento Tito Stagno divenne popolare quanto Neil Armstrong!

Devo dire per il resto che guardai con interesse ma non con eccessiva passione quell’evento.

Mi aveva colpito maggiormente la missione Apollo 8, quella che per la prima volta circumnavigava la Luna e andava a vedere quello che è il “lato nascosto” del nostro satellite.

 

Il programma Apollo ci ha insegnato quanto sia importante la divulgazione e una corretta comunicazione delle missioni astronautiche e della scienza. Qual è la sua visione della divulgazione scientifica?

La divulgazione scientifica è importantissima. Secondo me esistono quattro livelli di conoscenza delle cose:

1 – Quello in cui si legge e comprende quanto letto

2 – Quello in cui si supera un esame e si dimostra di aver assimilato quanto studiato

3 – Quello in cui si è in grado di tenere una lezione, e quindi si riesce a trasmettere quanto assimilato

4 – Quello divulgativo, il più alto, quello in cui conosci così bene un argomento da riuscire a farlo apprezzare dagli altri

 

Quali sono i suoi programmi per il futuro?

Quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario del mio volo nello spazio e sono molto impegnato, in collaborazione con il Comune di Busalla e l’Assessorato alla Cultura, per l’organizzazione del Festival dello Spazio. Un evento che ho fortemente voluto e al quale tengo molto.

Dal 27 al 31 luglio, a Busalla riuniamo il meglio dell’astronautica italiana grazie alla collaborazione con i grandi player nazionali. Tra l’altro, a poche ore dal suo lancio con la Soyuz, avremo anche un collegamento con il mio amico Paolo Nespoli.

Il programma completo è disponibile all’indirizzo http://www.festivaldellospazio.com/

 

 

Emmanuele Macaluso

 
 

 

 

 

 

 

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