(La Tesla Roadster con a bordo "spaceman",
il manichino che indossa la tuta spaziale SpaceX con
sullo sfondo
la Terra. Per quanto possa sembrare
un fotomontaggio, questa foto è vera, ed è entrata
in poche ore
nelle foto "icona" della storia umana
- Credits: SpaceX)
FALCON HEAVY DI SPACEX SUPERA IL SUO PRIMO TEST DI
VOLO ED ENTRA NELLA STORIA
Sabato, 6 febbraio
2018
Era dai tempi dell’Apollo
e dei vettori Saturn V che non si vedeva
qualcosa di queste dimensioni su una rampa di
lancio. Il 6 febbraio 2018 sarà ricordato negli
ambienti dell’astronautica come la data in
cui un’azienda privata ha rialzato le ambizioni
dell’esplorazione spaziale.
Il test di volo del
Falcon Heavy di SpaceX è stato annunciato
e organizzato, dal punto di vista mediatico, come un
grande evento sportivo, che ha portato l’interesse
verso un evento scientifico e tecnologico ad un
livello di portata globale e generalista.
Dopo qualche ora di
ritardo, a causa dei forti venti in quota, alle
21,45 (ora italiana), il Falcon Heavy, alto
70 metri - quanto un palazzo di 23 piani - è
decollato con tutta la potenza dei suoi 27 motori
“Merlin”, dal complesso di lancio 39A
del Kennedy Space Center. Lo stesso da cui
partivano le missioni Apollo e gli Space Shuttle.
“Life on Mars” di
David Bowie è stata la colonna sonora scelta
per questa impresa da Elon Musk, e ha
sottolineato la diretta globale di questo evento.

(Il Falcon Heavy sul complesso di
lancio qualche ora prima del decollo - Credits:
SpaceX)
Ma veniamo al test di
volo e ai suoi obiettivi che sono stati tutti
raggiunti. Il Falcon Heavy, con una Tesla
Roadster e un manichino con indosso una tuta
spaziale SpaceX stipati nell’area cargo,
doveva partire dalla rampa di lancio. L’Heavy è
formato da 3 booster, uno centrale e due laterali.
Al termine della fase di spinta i motori dovevano
staccarsi e rientrare sulla Terra per essere
successivamente riutilizzati.
I due razzi laterali
avevano un rientro programmato a Cape Canaveral,
mentre il centrale (l’ultimo a staccarsi dal Falcon
Heavy), è atterrato su una piattaforma predisposta
per il rientro nell’Oceano Pacifico.
Una volta in orbita, il
vettore doveva “indirizzare” il suo carico verso una
traiettoia che ha come obiettivo il raggiungimento
dell’orbita di Marte, il pianeta rosso.
Ed è dopo il successo
del lancio e del rientro dei tre booster che la
scienza ha lasciato spazio allo spettacolo e al
marketing. Entrerà nell’iconografia terrestre
la foto che vede una fiammante Tesla Roadster rossa,
aperta in versione cabrio, con a bordo un manichino
vestito dalla tuta spaziale SpaceX presentata solo
qualche mese fa dallo stesso Elon Musk.
Un auto con a bordo un
astronauta e sullo sfondo il pianeta Terra.
Un’immagine così potente da diventare in poche ore
storia e icona. Sul display, al centro della console
dell’auto, la scritta “Don’t panic”.
Un evento scientifico e
tecnologico che alza le ambizioni del fondatore di
SpaceX, che nel 2016 aveva annunciato un piano per
colonizzare Marte utilizzando dei vettori in grado
di trasportare 200 persone. Ma il test, del quale
diamo conto, ha segnato anche il cambiamento del
modo di raccontare l’esplorazione spaziale: con
leggerezza (ma puntualità scientifica) e in modo
inclusivo e spettacolare. Dalle scorse ore il modo
di raccontare la scienza diventa ancora di più
infotainment.
Emmanuele Macaluso
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