(La Crew Dragon e il razzo Falcon 9
in partenza dalla rampa 39 A di Cape Canaveral – Credits Nasa /
SpaceX)
DEMO-1 CREW DRAGON DI SPACEX: ANALISI E
CONSIDERAZIONI
Lunedì, 11 marzo 2019
La missione:
E' partita lo scorso 2
marzo, dalla rampa 39 A di Cape Canaveral,
con l’utilizzo di un vettore SpaceX Falcon 9,
la Missione denominata Demo-1. L’obiettivo di
questo test è stato quello di portare in orbita la
navetta di SpaceX “Crew Dragon”, una
capsula progettata per il trasporto di 7
astronauti.
Il razzo Falcon 9 è già
stato utilizzato con successo da SpaceX per una
dozzina di voli di rifornimento cargo verso la
Stazione Spaziale Internazionale.
Durante questo test di
volo, a bordo della Crew Dragon era presente “Ripley”,
un manichino munito di sensori che aveva il compito
di monitorare le sollecitazioni e i parametri ai
quali saranno sottoposti i futuri astronauti.
Una curiosità di
marketing: Il nome scelto per il manichino è
ispirato a Ellen Ripley, la
protagonista del film “Alien”.
("Ripley", il manichino che con i
suoi sensori acquisisce dati sulle sollecitazioni
dei futuri astronauti all'interno di Crew Dragon – Credits Nasa /
SpaceX)
La Demo-1 ha portato a
termine con successo l’intera missione, che è durata
da sabato 2 a venerdì 8 marzo, e che è stata
suddivisa nelle seguenti fasi:
- Lancio della capsula
Crew Dragon con l’utilizzo del vettore Falcon 9.
- Ingresso in orbita e
inseguimento della ISS - International
Space Station
- Docking, ovvero
aggancio automatico con la stazione orbitante
- Ispezione dell’interno
della navicella Crew Dragon da parte di alcuni
membri dell’attuale spedizione a bordo della ISS.
Anne Mc Clain (USA), Oleg Kononenko (RUS)
e David Saint-Jacques (CAN).
- Scarico dei circa 180
Kg di materiale a bordo della navetta, e carico del
materiale da far rientrare sulla Terra
- Fase di Undocking,
ovvero sgancio della Crew Dragon dalla ISS
- Avvicinamento,
inserimento nella traiettoria di rientro
- Rientro nell’atmosfera
terrestre
- Ammaraggio nell’Oceano
Atlantico
Dal punto di vista
ingegneristico, la missione non è stata una sfida
“impossibile”, in quanto per modalità e tecnologia
ha ricordato i parametri già in uso dalle Soyuz
e dal Programma Apollo. Tuttavia, bisogna
ammettere che, a parità di concetto, i 7 posti a
disposizione della Crew Dragon (rispetto ai 3 di
Soyuz e Apollo), uniti al moderno e accattivante
design degli interni e alle nuove tecnologie
informatiche applicate, hanno portato la navicella
ad un livello più attuale dal punto di vista
tecnologico.
Per il corretto
funzionamento della missione, SpaceX ha risolto i
problemi che in passato non hanno permesso alle
missioni Dragon Cargo di attraccare senza
l’ausilio del braccio meccanico alla ISS.
L’eccezionalità della
Demo-1, più che di carattere tecnico, è di carattere
politico e strategico, così come vedremo in modo
approfondito nell’apposita sezione di questa
analisi.
(La
Crew Dragon in fase di avvicinamento alla Stazione
Spaziale Internazionale – Credits Nasa /
SpaceX)
Considerazioni
strategiche:
Era il 21 luglio 2011,
quando l’atterraggio dello Space Shutle Atlantis
per la Mission STS-135, poneva fine al
Programma Shuttle. Un programma intenso che si è
distinto dai precedenti per la grande varietà delle
operazioni svolte in orbita. Lo Space Shuttle,
poteva portare nello spazio sette astronauti ed era
un veicolo riutilizzabile, seppur dopo lunghi e
costosi controlli.
Dalla fine del
programma, gli Stati Uniti si sono dovuti
rivolgere ai competitor russi dell’agenzia spaziale
russa Roscosmos, per mandare gli astronauti
in orbita a bordo della ISS.
Un passaggio non proprio
a “buon mercato”, dal costo di circa 80 milioni di
dollari, per un totale di circa 3 miliardi di
dollari già versati ai russi.
NASA ha investito sulle
vincitrici della gara per il ritorno degli USA
nello spazio (SpaceX e Boeing che
dovrebbe fare un test analogo a Demo-1 ad aprile con
la navicella CST-100 Starliner), nell’ambito
del Commercial Crew Program (Programma
Commerciale per Equipaggi nda) la somma di
6,8 miliardi dollari.
Cifre alla mano si può
non fare un ragionamento. Al netto dei 3 miliardi
dati a Roscosmos, gli USA avrebbero investito 3,8
miliardi di dollari per continuare ad avere un
programma spaziale proprio. Una cifra irrisoria
rispetto a quanto speso per gli armamenti.
Questo “buco” di 8 anni,
che ha visto al potere l’amministrazione Obama,
ha portato ad un ritardo scientifico e
tecnologico notevole. Si pensi che per ogni
dollaro “investito” nella ricerca spaziale, c’è un
ritorno sulla Terra di 8 dollari. Calcolatrice alla
mano si può facilmente comprendere quanto sia enorme
il danno causato.
Non è intenzione di chi
analizza, “puntare il dito” verso una ideologia
politica o un suo esponente, tuttavia, se si
prendono in considerazione gli straordinari
risultati che si stanno ottenendo con gli
esperimenti a bordo della ISS, anche (e soprattutto)
in ambito biomedico, si rimane colpiti da una così
poca lungimiranza strategica. In un mondo in cui la
parola “Space Economy” è in continua e
poderosa ascesa, proprio i primi fautori di quel
settore economico e tecnologico sono rimasti per 8
anni nelle mani (e nel conto in banca) dei
principali competitor.
L’ingresso di SpaceX
ora, e di Boeing (probabilmente) nel prossimo mese
di aprile, nell’operatività dei voli “made in USA”
nello spazio, rappresenta anche un nuovo modo di
gestire l’astronautica statunitense, che ora
si muove con un assetto pubblico-privato, e non più
solo pubblico.
Per completezza di
cronaca, bisogna osservare come la stessa NASA,
stia lasciando le operazioni di trasporto umano
verso la ISS a SpaceX e Boeing, e contemporaneamente
stia sviluppando la capsula “Orion” e il
razzo SLS che avranno il compito di riportare
l’uomo sulla Luna.
Una nuova stagione di
slancio quindi, che come hanno dimostrato gli oltre
100.000 brevetti registrati durante e dopo il
Programma Apollo, potranno avere importanti
ricadute multisettoriali sulla società terrestre.
Concludiamo questa
sezione mettendo l’accento sul fatto che la Demo-1
non rappresenta un balzo quantico nella storia
dell’astronautica, ma più uno sviluppo e
contemporaneamente un rientro degli USA e della NASA
sul palcoscenico internazionale, in un contesto dove
oltre alla Russia, i prossimi “avversari”
tecnologici si chiameranno India e Cina.
Un risultato strategico di grande levatura tecnica,
politica, scientifica ed economica.
(La
Crew Dragon durante l'ammaraggio al rientro sulla
Terra. A causa del peso maggiore rispetto Apollo e
Soyuz, Crew Dragon ha bisogno di 4 paracadute al
posto dei 3 delle altre capsule – Credits Nasa /
SpaceX)
Considerazioni
comunicative:
Dal punto di vista
comunicativo, bisogna ammettere che gli americani
“imparano le lezioni”.
Il Programma Apollo
infatti, terminò in anticipo a causa (anche) di
errori del piano di comunicazione. Una volta
ottenuto il risultato politico - ovvero quello di
raggiungere la Luna prima dell’Unione Sovietica
- l’opinione pubblica si disinteressò della
“corsa alla Luna”, imputando alla NASA dei costi
ingiustificati. In altre parole, quegli stessi
contribuenti che prima del luglio 1969 dichiaravano
che arrivare sulla Luna era una necessità, dopo
l’impresa di Armstrong, Aldrin e
Collins facevano dichiarazioni di segno opposto,
che mettevano in evidenza come quel denaro potesse
essere investito per “risolvere i problemi sulla
Terra”.
Quegli stessi problemi
che erano presenti sul pianeta anche prima di Apollo
11.
Si pensi che ai tempi di
Apollo 13 - 2 missioni e 9 mesi dopo Apollo 11 - i
network televisivi non acquistarono dalla NASA i
diritti per la diretta degli astronauti dalla
navicella. Tutto questo all’insaputa degli
astronauti stessi. Un fatto che venne ben raccontato
in un film dall’omonimo titolo del 1995.
La comunicazione della
NASA, non riuscendo a trovare nuovi stimoli oltre
quelli competitivi e politici, portò alla chiusura
anticipata del programma, nonostante gli oltre
100.000 brevetti derivanti da quell’epopea, molti
dei quali con ricadute dirette nella vita quotidiana
della popolazione terrestre.
Pensate quante altre
straordinarie scoperte scientifiche si sarebbero
potute ottenere, e quali ulteriori evoluzioni
tecnologiche avremmo potuto inserire ancora nella
nostra vita quotidiana.
Da allora la NASA ha
dato molta importanza alla comunicazione e al
marketing, trasformando queste discipline in risorse
in grado di creare consenso e volumi.
Nel caso specifico della Demo-1, le strategie di
marketing e co-marketing della NASA si
sono unite a quelle di SpaceX.
Anzi, sarebbe più
corretto dire che il piano di comunicazione della
NASA ha inglobato e “ingabbiato” i volumi di SpaceX.
La diretta della
missione è stata gestita con l’oramai consueta
modalità cross-mediale, utilizzando in contemporanea
il canale ufficiale web, supportato dai
social media e dai media tradizionali
generalisti e di settore.
Una macchina
comunicativa imponente, che ha dato visibilità alla
missione, agli enti e ai protagonisti coinvolti in
questa impresa.
l'amministratore capo
della Nasa, Jim Bridenstine, ha scelto
Twitter per esprimere la sua soddisfazione per
il successo della missione: «Con orgoglio mi
congratulo con SpaceX e con la squadra della Nasa
per questa pietra miliare nella storia spaziale
della nostra nazione». Per Bridenstine «questo primo
lancio di un sistema spaziale progettato da
un'azienda commerciale attraverso una collaborazione
pubblica-privata è un passo rivoluzionario sulla
strada tesa a portare uomini sulla Luna, Marte
e oltre».
Elon Musk, patron
di SpaceX, vero titano della comunicazione, è
parso molto emozionato ed “emotivamente esausto”
alla conferenza stampa della NASA.
I parametri comunicativi
della NASA lo hanno un po’ “ingabbiato”. Elon Musk
infatti è abituato ad uno stile di esposizione più
“libero” e dinamico, che lo vede protagonista di un
palco, con una formula di infotainment
che non poteva essere sviluppata in una classica
conferenza stampa che lo teneva seduto dietro un
tavolo. È verosimile pensare che il cerimoniale
NASA, unito alle grandi e oggettive responsabilità
della missione, gli abbiano fatto sentire
maggiormente il peso del momento, e non gli abbiano
permesso di scaricare la tensione in un contesto a
lui non familiare.
Rimane comunque intatto
il successo dal punto di vista aziendale e
tecnologico. Anzi, c’è da dire che la Demo-1 ha
visto risolti molti dei problemi che avevano
afflitto in passato le missioni cargo delle capsule
Dragon, che avevano bisogno del braccio meccanico
della ISS per ancorarsi alla stessa. Ancoraggio che,
come abbiamo precedentemente precisato, è avvenuto
in modalità automatica questa volta.
Come spesso capita
quando si svolgono attività di "frontiera", e quindi
ad alto tasso di insuccesso, siamo certi che NASA e
SpaceX avessero pronto un piano di crisis
communication, che era mancato alla
Missione ExoMars 2016, così come avevamo
messo in evidenza nella nostra analisi dell’ottobre
dello stesso anno, disponibile a questo
link. (1)
Da appassionati di
astronautica, siamo felici del fatto che non sia
stato necessario attivare il piano di crisis
communication e che la missione abbia avuto
successo. Tuttavia, non nascondiamo una certa
curiosità, in virtù del fatto che immaginiamo che
due colossi (anche della comunicazione) come NASA e
SpaceX, abbiamo costruito una notevole strategia in
tal senso, dalla quale - ne siamo sicuri - si
potrebbe imparare molto.
Così come abbiamo visto
in passato, dal punto di vista del marketing e della
comunicazione, i protagonisti sono riusciti a creare
una grande attesa per la missione. Hanno agito in
modo tecnicamente corretto, attraverso tutti i
canali a disposizione. Hanno mantenuto alta
l’attenzione per l’intera durata della missione,
gestendo i “picchi” in maniera impeccabile, così
come in queste ore stanno gestendo correttamente le
azioni di RP post eventum.
Un’attuazione del piano
comunicativo da manuale di prim’ordine, gestito da
veri professionisti della comunicazione,
estremamente preparati dal punto di vista tecnico,
che speriamo possa essere preso in considerazione
anche dagli altri enti di ricerca spaziale e non
solo.
Emmanuele Macaluso
Note
(1) E. Macaluso,
“Analisi della crisis communicatione ExoMars 2016, e
riflessioni sull’importanza della buona divulgazione
per lo sviluppo delle imprese spaziali del presente
e del futuro”, COSMOBSERVER, 28 ottobre 2016
http://www.cosmobserver.com/articles/analysis/001%20crisis%20communication%20exomars/analisi%20crisis%20communication%20exomars%20emmanuele%20macaluso.htm
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